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CASA TABOR

Un importantissimo fronte di impegno per la Cre.A.Ndo Insieme è stato costituito dalla ristrutturazione e dalla gestione del complesso di casa Tabor, di proprietà parrocchiale e sita in fraz. Valgera 100.

Gli spazi esterni e interni che ora offrono le due case sono a disposizione, come struttura polifunzionale, quale centro d’accoglienza ed oratoriale, per organizzare iniziative di incontro e di formazione per giovani e famiglie di tutta la provincia

Parte dell’attività di volontariato della Cre.A.Ndo da allora è costituita proprio nel mantenimento della pulizia delle aree verdi del complesso di Valgera.

 

Un po’ di storia…

 

La storia di casa Tabor è stata per lungo tempo la stessa di tante altre case dalla zona:

dal momento che ci troviamo in una zona agricola, anche qui si viveva coltivando la terra e allevando gli animali.

L’edificazione della casa risale al 1906, come testimoniato da una scritta sulla volta del porticato, e fu fatta costruire dalla famiglia Denicola seguendo le regole del tempo:

- la struttura più grande - chiamata poi casa Tabor - con il cascinale (che è il logo della nostra associazione) era desti-nata, oltre che ad abitazione della famiglia dei mezzadri, a stalla per il bestiame;

- la casa più piccola (detta villa Ampolla) era invece destinata ad abitazione della famiglia proprietaria.

 

I vecchi della frazione ricordano che i mezzadri erano i cinque fratelli Raviola: Pasqualino, Pinin, Rosina, Maria e Giuani.

Rosina, la più grande, fu l’unica che si sposò e quindi si trasferì nella parte di Valgera più vicina alla città.

A quei tempi la valle aveva sicuramente meno case, ma, probabilmente, era più densamente abitata, tanto che aveva una scuola ed una chiesa che la servivano (e che si possono ancora vedere lungo la strada anche se la prima è stata riadattata ad essere un piccolo condominio); c’era persino una pista da ballo vicino alla panetteria, così che i fratelli riuscivano ancora a vedersi la domenica, a messa o alla pista da ballo, insieme a molta della gente della zona.

Le cose andarono avanti per molto tempo in questo modo:

i coniugi Denicola facevano spola tra la Asti e la casa con la loro Fiat Topolino, mentre i mezzadri si occupavano dei lavori nei campi, in collina e della stalla.

Erano gli anni dopo la guerra e la gente aveva molta voglia di ricominciare a vivere, ciononostante il lavoro era molto duro e logorante.

Negli anni ’60 i Raviola lasciarono la casa e non vennero sostituiti:

in questo modo il destino inevitabile fu quello del progressivo abbandono, e, dal momento che i coniugi Denicola non avevano avuto figli, nel 1975 decisero di donare alla parrocchia di San Domenico Savio, che era nata da pochi anni per “distaccamento” dalla parrocchia di San Pietro, la casa e l’intera proprietà di pertinenza della casa, cioè la parte di collina che sta dietro alle case e la parte più a valle, dove adesso c’è il campo da calcio, con l’indicazione di destinarla ad un uso sociale e religioso.

Purtroppo le condizioni della casa negli anni di abbandono erano precipitate:

la casa, che fungeva da stalla e da casa per i mezzadri, era prossima al crollo, molto umida e quindi necessitava di cure intensive, mentre la casa dei padroni era in miglior stato e le servivano quindi soltanto piccoli interventi.

Quando don Giacomo Accossato, il primo parroco di San Domenico Savio, venne per vederla comprese subito l’urgenza dei lavori, ma la difficile situazione economica in cui versavano le casse della parrocchia consigliava prudenza; per fortuna, il sostegno che in quel momento ricevette da alcuni parrocchiani che diedero la loro disponibilità a dare una mano, lo convinse ad incominciare i lavori.

Tra gli anni ’87 e ’92 vennero fatti i lavori sulla struttura, quelli più importanti per rimettere in piedi la casa, e nell’ estate del ’91 ci fu un campo di lavoro dei ragazzi di San Domenico e San Pietro, che servì anche per cominciare a far avvicinare le persone a questa nuova realtà.

Finalmente nel ’92 villa Ampolla tornò ad essere abitata perché si era resa necessaria la presenza di un custode:

entrò così la famiglia Bincoletto, che sarebbe rimasta circa 10 anni e si sarebbe occupata della gestione ordinaria della proprietà. Così, poco alla volta, e grazie anche all’aiuto prezioso di volontari, la casa (che ancora non aveva un nome) tornò alla vita, anche se diversa da com’era ormai molti anni prima.

Il nome della casa venne proposto da don Mario Banaudi, a quell’epoca viceparroco, che pensò di chiamarla Tabor per significare che, da allora, sarebbe stata soprattutto un luogo di spiritualità; a sancire questa nuova veste arrivò da un viaggio in Terra Santa un sasso del vero monte Tabor, dove avvenne la Trasfigurazione di Cristo, che venne incastonato nel tabernacolo appositamente costruito con le travi di legno che prima dei lavori sostenevano il fienile.

Appena finiti tutti i lavori partirono le attività per i parrocchiani:

ritiri spirituali, feste, incontri dei vari gruppi, e d’estate la casa si riempiva di bambini e di giovani per le estati ragazzi.

Ci si avvicina così a tempi più recenti, che sono stati molto ricchi di novità:

l’associazione Cre.A.Ndo Insieme ed i parroci don Dino Barberis e don Mario Banaudi hanno creduto nella possibilità di ristrutturare completamente la casa per renderla adatta ad ospitare gruppi anche numerosi per più giorni, dotandola quindi di stanze e dormitori.

I lavori sono stati molto onerosi e l’unico modo per poterli realizzare è stato partecipare ad un bando della Regione Piemonte che finanziava progetti che promuovessero il territorio:

dopo moltissime fatiche i lavori, cominciati nel 2010, sono stati conclusi e il “Centro di Ospitalità Casa Tabor” è stato riaperto con una grande festa di inaugurazione il 6 maggio 2012.

Dalla riapertura la struttura ha ospitato:

- nel 2014, per far fronte all’emergenza profughi della provincia di Asti, 16 profughi per un periodo circa di 40 giorni che utilizzavano la cucina e gli spazi comuni di Casa Tabor e ancora 15 profughi, questa volta minorenni, richiedenti asilo politico;

- gruppi parrocchiali di Asti ed Alba;

- sbandieratori provenienti da alcune parti d’Italia per il Memorial a Don Giacomo Accossato;

- associazione BEST del politecnico di Torino per progetto interculturale;

- squadre di calcio e pallavolo giovanile;

- Bersaglieri e Alpini per Raduno Nazionale;

- associazione di giovani evangelisti per centro estivo residenziale;

- gruppo sposi per il corso di preparazione al matrimonio;

- gruppi familiari in occasione delle feste settembrine di Asti;

- in accordo con il Comune di Asti compagnie teatrali che partecipavano alla manifestazione di Asti Teatro;

- sempre in accordo con il Comune un gruppo di giovani restauratori dell’università di Torino che prendevano parte ad un progetto nell’astigiano.

 

Oltre alla funzione di ostello il “Centro di Ospitalità Casa Tabor” è stato scenario di alcuni eventi sia per le persone della parrocchia e della borgata sia per esterni ed è diventata location per feste di compleanno di ogni età (bambini, diciottenni, adulti), battesimi, comunioni, cene per raccolta fondi e cene di aggregazione.

Hanno avuto luogo i campi Bibbia per i ragazzi del catechismo nel periodo a cavallo tra giugno e luglio.

In molte occasioni la struttura ha visto la convivenza di gruppi diversi in età, genere, usi, costumi e tradizioni condividere gli stessi spazi, collaborare e godere della presenza “dell’altro”.

 

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